Il pranzo di famiglia

< Hector? > La voce che richiama il ragazzo è bassa, delicata < Hector amore, svegliati... > Insiste quella figura che ora viene addocchiata ad occhi socchiusi dal ragazzo, in pieno risveglio: il capo biondo della ragazza viene messo a fuoco lentamente, e la prima cosa che viene notata è il sorriso dolce, felice, tenero. La donna in questione avrà si e no ventidue anni, occhi azzurri e qualche lentiggine in volto, mentre il corpo risulta nella media ovvero ne troppo formoso ne con mancanze. La stanza in cui sono ha le pareti di un azzurro rilassante, che però stona. In qualche modo stona < ...Che ore sono? > Emette il vigilante, a bassa voce, guardandosi attorno: le mani tastano lentamente il comodino alla propria destra, alla ricerca di qualcosa che non trova evidentemente visto che l'espressione in volto si fa confusa. Si fa spaventata. Spalanca le palpebre e fa uno scatto veloce, andando a fissare quel mobile sul quale c'è solamente un cellulare e una sveglia, che riporta le dieci e trenta di mattino. E' in questo momento che la ragazza si avvicina, andando ad avvolgere il corpo del ragazzo in un abbraccio da dietro, con le gambe che si muovono lungo i fianchi di lui per stringerlo mentre le braccia penzolano dalle spalle, stringendosi al collo. < Sono le dieci e mezza amore... Dai, andiamo a farci una doccia. I miei ci aspettano per pranzo... Sono emozionata, non vedo l'ora di dir loro che ci sposiamo! > E per quanto ci sia la felicità sul volto della ragazza, su quello di Hector tale sentimento non c'è. C'è confusione, o forse è solamente sonno.

La mano sinistra stringe la cravatta, sistemandola sopra a quella camicia bianca che gli calza a pennello: si guarda il ragazzo, osservando attentamente il proprio corpo, con lo sguardo che stranamente va sulla schiena con più insistenza. La sua compagna sembra cogliere tale gesto, visto che ancora gli si avvicina da dietro, accarezzandolo lentamente e sorridendo ancora < Guardi la schiena con la quale mi hai conquistata quel giorno in spiaggia? > < E' sempre stata così? > Chiede lui, ancora dubbioso. Lei annuisce, e sorride cercando di baciarlo sulla bocca < Liscia e delicata, si. > Commenta a bassa voce, socchiudendo gli occhi mentre ancora rimane li, attaccata al ragazzo che scuote la testa e lascia perdere, iniziando a sorridere tranquillo < Quindi oggi siamo...? > Domanda, cercando forse di mettere in chiaro le cose, le proprie idee, attanagliato da quella sensazione di confusione che lo segue dal risveglio < Io, te, i miei genitori, e i miei fratelli... A parte Bob. A quanto pare ha un problema, ma verrà poi in serata a casa di Stuart... > Nomi che suonano familiari per il vigilante: tentenna per qualche secondo ma scuote la testa, non chiedendo e tastandosi ancora i polsi, guardando sia il sinistro che il destro alternativamente < ...Amore, per caso... Avevo qualcosa ai polsi? > Chiede a bassa voce, ricevendo come risposta una risatina divertita < L'orologio che ti ha regalato mio fratello Jon, stupido. > Ed è un flash: le palpebre si spalancano, la rivelazione arriva così come il girarsi di scatto verso la donna, fissandola e deglutendo < ROSE? > urla quasi, in preda a quel momento. Lei lo guarda, si avvicina e cerca di sistemargli la cravatta , un filo spaesata < ...Si, Hector? > Pronuncia, confusa.

Per quanto si sia sforzato a calmarsi, la situazione non è cambiata per niente con il tempo, anzi: tutto il tempo del tragitto in auto è stato un continuo toccarsi i polsi, rimanendo seduto sul sedile senza toccare la schiena e lasciando il volante ad intervalli regolari, come se si aspettasse che qualcun altro prendesse il comando della vettura. Eppure nel momento in cui la vettura è stata parcheggiata li davanti al numero 8 di Night Street, una sensazione di benessere sembra coglierlo man mano che si guarda attorno, mentre osserva il giardino di quella casa blu dal tetto nero, così insolita ma così familiare, stessa cosa che danno i tre nani da giardino vicino alla porta, uno a forma di robot, uno a forma di demone giapponese e un strano nano con il simbolo del browser di google come faccia. Rimane a fissarli per qualche secondo ed è mentre si china per toccarli che la figura di un barboncino esce dalla porta abbaiando con forza verso il ragazzo, festosa < Echo, buona su! > La richiama Rose, mentre si avvicina a prenderla in braccio davanti ad un Hector che sembra aver ritrovato la confusione, soprattutto quando lo sguardo si sposta sulla porta, su quelle figure che si presentano: è infatti l'uomo in questione a mandare in tilt il ragazzo, con i suoi 62 anni e un sorriso che non promette niente di buono, mentre regge in braccio un gatto verde, con tanto di cappuccio e mascherina, con il muso che ricorda quello della famosa Hello Kitty < Oh, Hector, Rose... Venite, venite. Il pranzo è pronto. Portate dentro Echo e... Sobek, vuoi salutare? > parla l'uomo, e l'ultima frase è chiaramente rivolta verso il gatto, che sorride < Meaowh, ciao maschione. > Pronuncia questo.

Gli occhi si aprono, buio. Il gesto è lo stesso, la mano destra che cerca qualcosa sul comodino e, questa volta, lo trova: è il communicator che viene afferrato, con l'ora che segnala le otto e sette minuti del mattino. Si scrolla un attimo il ragazzo, fa un respiro profondo e porta la mano sinistra al volto, sbuffando < Mai più Desperados prima di dormire. > pronuncia a bassa voce, alzandosi a quel punto.